sabato 27 febbraio 2016

Freedom

Urla nella notte. Mi alzo di colpo, spaventata. Corro nella camera dei miei figli per capire se quelle grida provengono da lì.
Tutto silenzio. Tutto tranquillo. Loro ancora fra le dolci e calde braccia di Morfeo.
Alla finestra: guardo fuori. Niente.
Sul balcone. Niente ancora. La notte canta solo il suo buio silenzio.
"Sogno? Incubo? Boh... Eppure quelle grida le ho sentite! Ma sì, torniamo a letto, son solo le tre e qualche minuto".
Chiudo gli occhi. Ci riprovo, la notte è ancora lunga.
Li riapro ancor più spaventata di prima e mi scontro contro il buio della mia camera e la consapevolezza che quelle grida provenivano da me.
Non è stato un sogno, nemmeno un incubo, ma semplicemente la mia anima che si ribellava alle catene strettele intorno. Urla da dentro, così strazianti e così acute da svegliarmi.
Strillava perché messa a tacere. Da chi ho intorno. Da chi non accetta e non ascolta quel che ha da raccontare. E di conseguenza anche da me.
Costretta al silenzio da chi la vuole diversa da quello che realmente è.
Costretta a qualcosa di non voluto.
Costretta.
Forse perché diversa, non convenzionale. Non speciale, solo diversa.
Forse perché canta la semplicità.
Forse perché è capace di perdersi nel guardare un sole che sorge e si bea dei colori del cielo.
Forse perché vede amore ovunque e ne viene risucchiata.
Forse perché crede che l'amore sia l'unica cosa al mondo così potente da vincere su tutto.
Forse crede troppo.
Forse ha sbagliato. (?) (!)
A forza di essere messa a tacere ha cominciato a credere veramente che fosse lei quella sbagliata e ad ogni botta subita si è fatta sempre più piccina, fino a chiudersi su se stessa rimanendo avvolta solo da silenzi, ombre e finzioni. L'unica cosa che è in grado di fare ora è gridare nella notte per cercare di ribellarsi ad una condizione non voluta.
Le catene, quelle che non si vedono, sono le peggiori: stringono e soffocano. Sono quelle che ledono la libertà interiore. La libertà del nostro essere.

Io sono questo. Io sono il tatuaggio che ho sulla nuca:






Chiudere un'anima, chiuderla in una gabbia, impedendole di esprimersi liberamente, avrà sì dapprima l'effetto desiderato: il silenzio, ma poi la sua natura prevarrà, prenderà il sopravvento su tutto e tutti e sarà in grado di spiccare nuovamente il volo e stavolta nessun la potrà fermare.
Nessuno più tarperà le sue ali. E volerà via. Via, il più lontano possibile da chi non è mai riuscito ad amarla per quello che realmente è. E andrà via. Senza guardarsi indietro non tornerà più, lasciando gli altri ad ammirare e un po' anche invidiare la sua rinascita ed il suo volo eterno.

NESSUNO PUÒ' METTERE UN'ANIMA IN GABBIA. E' COME INGABBIARE LA LIBERTÀ'.







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