Lei lo aspettava emozionata dietro la porta, con l'orecchio vigile, in attesa di sentir le porte dell'ascensore aprirsi.
Lo aspettava sui suoi quattordici centimetri di tacchi, nelle autoreggenti e mise di pizzo nero mozzafiato.
Lo aspettava, (s)vestita, preparata come piaceva a lui. Pronta per lui.
Lo aspettava come si aspetta qualcuno per la prima volta, perché fra loro era così: era sempre la prima volta.
Lo aspettava con il cuore galoppante nel petto, quasi deciso a schizzar fuori, appoggiata a quell'asse di legno che da lì a poco si sarebbe spalancato.
Lo aspettava sempre così.
E quando succedeva, tutto in una frazione di secondo si annullava: le differenze, le complicazioni, le incomprensioni, i dolori, le sofferenze. Tutto spariva quando quei quattro occhi s'incontravano. Su di una bolla, immediatamente, venivano portati via, allontanati dal resto del mondo, da una realtà a volte soffocante.
Esistevano solo loro e il loro amore.
Lui la prendeva fra le braccia e la tirava a sé, forte, per paura che si dissolvesse. La teneva stretta e fissandola negli occhi la baciava dolcemente. E in quegli occhi c'era tutta l'amore possibile. Occhi che gridavano " sei MIA", sei "MIO".
Insieme, in quei momenti, tutto era perfetto.
L'amore e la loro passione erano perfetti.
Fra le lenzuola s'incastravano perfettamente non lasciando spazi vuoti e si tiravano fuori l'impossibile.
Tutto assoluto.
Davano e amavano tutto.
C'era tutto.
Lei lo amava come non si dovrebbe mai amare, ma non riusciva a farne a meno. Per lei, lui era il suo respiro. Appena s'avvicinava, il fiato si fermava in gola e dentro tremava come una bimba impaurita.
Lui l'amava come non si dovrebbe mai amare, in quel modo incostante, imperfetto e a volte crudele, ma nello stesso frangente, dolcissimo e protettivo, e non riusciva farne a meno.
Si amavano follemente e forse malamente, ma non riuscivano farne a meno. Non potevano allontanarsi l'uno dall'altra. Qualcosa li teneva legati, così stretti da far assolutamente e disperatamente male.
Lei lo aspettava da più di vent'anni.
Lui, idem.
Lui dopo vent'anni era lì.
Per lei.
Per se stesso.
Per loro.
Per viversi ciò che il destino a quel tempo non concesse, ma nessuno dei due, sopratutto lei, aveva calcolato i rischi di un amore così. Lei si struggeva per questo amore impossibile che la stava consumando. La sua anima apparteneva a lui e non voleva più far ritorno a casa: la sua casa era lì, fra le sue braccia.
La sua casa era lui.
(Sotto effetto Alprazolam)
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