mercoledì 4 giugno 2014

Lei. Lui. Aspettarsi.

Lei lo aspettava emozionata dietro la porta, con l'orecchio vigile, in attesa di sentir le porte dell'ascensore aprirsi. 
Lo aspettava sui suoi quattordici centimetri di tacchi, nelle autoreggenti e mise di pizzo nero mozzafiato. 
Lo aspettava, (s)vestita, preparata come piaceva a lui. Pronta per lui.
Lo aspettava come si aspetta qualcuno per la prima volta, perché fra loro era così: era sempre la prima volta. 
Lo aspettava con il cuore galoppante nel petto, quasi deciso a schizzar fuori, appoggiata a quell'asse di legno che da lì a poco si sarebbe spalancato. 
Lo aspettava sempre così. 
E quando succedeva, tutto in una frazione di secondo si annullava: le differenze, le complicazioni, le incomprensioni, i dolori, le sofferenze. Tutto spariva quando quei quattro occhi s'incontravano. Su di una bolla, immediatamente, venivano portati via, allontanati dal resto del mondo, da una realtà a volte soffocante. 
Esistevano solo loro e il loro amore. 
Lui la prendeva fra le braccia e la tirava a sé, forte, per paura che si dissolvesse. La teneva stretta e fissandola negli occhi la baciava dolcemente. E in quegli occhi c'era tutta l'amore possibile. Occhi che gridavano " sei MIA", sei "MIO".
Insieme, in quei momenti, tutto era perfetto.
L'amore e la loro passione erano perfetti.
Fra le lenzuola s'incastravano perfettamente non lasciando spazi vuoti e si tiravano fuori l'impossibile. 
Tutto assoluto. 
Davano e amavano tutto.
C'era tutto. 
Lei lo amava come non si dovrebbe mai amare, ma non riusciva a farne a meno. Per lei, lui era il suo respiro. Appena s'avvicinava, il fiato si fermava in gola e dentro tremava come una bimba impaurita. 
Lui l'amava come non si dovrebbe mai amare, in quel modo incostante, imperfetto e a volte crudele, ma nello stesso frangente, dolcissimo e protettivo, e non riusciva farne a meno.
Si amavano follemente e forse malamente, ma non riuscivano farne a meno. Non potevano allontanarsi l'uno dall'altra. Qualcosa li teneva legati, così stretti da far assolutamente e disperatamente male. 
Lei lo aspettava da più di vent'anni. 
Lui, idem.
Lui dopo vent'anni era lì. 
Per lei. 
Per se stesso. 
Per loro. 
Per viversi ciò che il destino a quel tempo non concesse, ma nessuno dei due, sopratutto lei, aveva calcolato i rischi di un amore così. Lei si struggeva per questo amore impossibile che la stava consumando. La sua anima apparteneva a lui e non voleva più far ritorno a casa: la sua casa era lì, fra le sue braccia. 
La sua casa era lui.



(Sotto effetto Alprazolam)